martedì 14 settembre 2010

Diritti d'autore

IL tema dei 'diritti d'autore',nella sua apparente softness rispetto alle drammatiche istanze poste dalle dinamiche sociali, può rivelarsi curiosa chiave per cogliere alcune caratteristiche della nostra post-post modernità...
innanzitutto mi suggerisce un duplice spunto
-in merito all'attuale ontologia di 'opera' : molto più che autonoma dal suo autore, se ne allontana decisamente non solo per la sua riproducibilità, ma anche per la perdita di univocità che deriva da una molteplicità d'uso
- sul ruolo del mercato, che giungendo a gestire tutti gli aspetti della produttività umana, artistica inclusa, piega il Diritto stesso ( nel caso pecifico, esigendo un copyrigth)

DIRITTO d'autore e\o diritto all'usufrutto?
questo 'versus' simboleggia un pò il nocciolo di tutte le conflittualità che ritroviamo in ambito sociale e relazionale: qual è il limite alla mia libertà? dove inizia il tuo diritto?
sono convinta che l'unica risposta possibile a queste domande sia una nuova logica, sul piano economico- dove si superi il paradigma dell'homo oeconomicus, che ha ormai mostrato tutti i suoi grossi limiti- come su quello civile, nonchè affettivo.
Insomma credo si debba superare il principio solipsistico 'homo homini lupus', ' non fare all'altro ciò che non vorresti fosse fatto a te' per sposare un'altra visione, davvero solidale e fraterna e considerare l'altro come un altro 'me';
la mia libertà non finisce dove inizia quella dell'altro bensì le nostre libertà non possono che incontrarsi ed esaltarsi a vicenda..
la logica del dono.


'diritti d'autore' .. il concetto sottinteso è persino lodevole, in quanto presuppone il riconoscimento di un valore, valore che risiede nel lavoro dell'uomo. Certo, un'opera può essere stata realizzata per molti scopi, ma con il termine 'opera' voglio riferirmi a quelle creazioni che sono figlie del desiderio di offrire se stesso all'altro; ' opera' come scoperta e realizzazione dell'io nella ricerca di riconoscimento e quindi relazione con l'altro. Nella mia illusione il lavoro dell'uomo dovrebbe sempre avere come finalità questo, la promozione dell' integralità della persona. Quindi ogni opera sarebbe un 'capolavoro', qualcosa di particolare ma che, essendo espressione di umanità, rendendo possibile una comunicazione, sarebbe anche universale, in quanto tutto ci accomuna in quanto uomini.

In questa nuova accezione di 'opera', come non presupporre come corollario la necessità di accesso alla fruizione dell'opera?

domenica 13 giugno 2010

'colui che apprende è un uomo che coltiva con amore il proprio giardino delle connessioni'

Ho sempre amato la scuola.


Soltanto all'università ne ho capito il vero motivo.

La 'cultura' era un pretesto. Certo , sono sempre stata curiosa. Vogliosa di superare i miei limiti.

Ma dietro l'animosa ricerca del perchè delle cose, dietro l'interesse per ciò che mi veniva insegnato, c'era il più speranzoso desiderio di trovare dei 'Maestri'. Coloro i quali si sarebbero presi cura di me, facendo in modo che io potessi 'dispiegarmi'. Svelarmi al 'mondo', e a me stessa.

Come dare un nome a tutto questo che non sia educazione? E-ducere, tirare fuori. Con l'arte della maieutica, Liberare. E così Sognare e creare.

Eppure la scuola è un sistema. L'erogazione di un servizio. Quindi un surrogato...della vita.

Certo, è comunque formata da persone. Ed Infatti il mio impegno nello studio , adesso ne sono certa, lungi da essere stato spinto da orgoglio o da un imperativo, era la mia 'prova d'amore' verso gli agognati 'maestri'. Ciò che ricercavo era la relazione, unica premessa per ogni conoscenza.



Eppure, proprio all'università, culmine del percorso scolastico, la mia è tranquilla 'integrazione' nel sistema ha incominciato a manifestare segni di inquititudine

Tutta la mia riottosità nei confronti di un asfittico, coercitivo sistema che frustrava il mio desiderio di essere stimolata ad essere me stessa piegandomi invece ad acquisire nozioni che sentivo terribilmente esterne e sproporzionate rispetto a un obiettivo di educazione della persona, è debordata. Questo disagio, fino alle superiori mitigato grazie alla possibilità di relazione a causa dei numeri ridotti, proprio là dove credevo di trovare la piena soddisfazione del mio bisogno educativo, si è scontrato con la vera lontananza della scolarizzazione dall'educazione .


Quella scolarizzazione della società che si configura, come dice il prof, 'nel cercare in forme proposizionali , somministrate da una cattedra e pagate a un certo prezzo, conoscenze che prima erano 'respirate'. Come confrontare l'acquisto di una barretta e la sua consumazione con la preparazione di un piatto e la sua degustazione con un amico. La differenza è la vita.'

è l'ora che la scuola si riapra alla vita. Come la scuola di Don Milani.


….


Il nostro potenziale di esistenza si alimenta attraverso l'attenzione verso il mondo esterno e la compartecipazione.

La missione della scuola allora può essere davvero quella di sensibilizzare ogni persona verso il suo Personal Learning Envirnoment, la sua rete di connessioni, e finalemente favorirlo nel ricavarsi quella finestra sul mondo da cui spiccare il volo nella vita.